Lettore

martedì 5 agosto 2014


Scrittura 4 mani – Storia di un drogato
di Cristina Carrabino e Sereno notturno

Cuori impolverati

"Lui è Marco, 34 anni e un lavoro da avvocato in uno studio da lui avviato subito dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza. Non gli manca nulla; ha alle spalle una famiglia benestante che lo ha aiutato a realizzarsi nel lavoro e nessun problema economico che possa minare la sua serenità. Ha una bella casa dotata di tutti in comfort e una moglie bellissima, Elisabetta, rinomato architetto in carriera, 38 anni, che ha sposato per amore quattro anni fa su una spiaggia dorata, e l’unico testimone che ha assistito al coronamento del loro sogno d’amore è stato il mare. Eppure i suoi occhi sono spenti e sembrano trasmettere un’infelicità di fondo che nemmeno l’amore per sua moglie riesce a curare. Apparentemente sono una coppia affiatata; socievoli, amano la compagnia, amano ridere quando sono con amici, prediligono mostrarsi complici di fronte agli altri, ma quando i riflettori si spengono, tra di loro è il silenzio a predominare. Non riescono a parlare, neppure a guardarsi negli occhi per cercare aiuto l’uno dall’altro. L’amore si è come assopito, forse messo alla prova da un quotidiano frenetico che giorno dopo giorno li allontana sempre di più dall’impegno che si sono presi l’uno verso l’altro quel giorno in cui, davanti al mare, si sono promessi di amarsi fin che morte non li avesse separati. La loro vita è scandita da impegni, orari, appuntamenti, responsabilità e l’unico momento in cui riescono a condividere un minimo di dialogo è alla sera, davanti alla tavola apparecchiata, tra una notizia del telegiornale e una pubblicità del winner taco. Ma tutto questo non basta a Marco per poter dire di essere felice. Ha tutto ma non ha nulla, forse ha troppo. Ecco perché Marco ogni tanto, la sera, sente il bisogno di evadere da una realtà che comincia ad odiare perché è una realtà che gli ha regalato tutto tranne ciò di cui aveva bisogno. E lui ha soltanto bisogno di sentirsi più padrone della sua vita, senza troppo subordinarla a quei doveri che ogni tanto lo portano davanti allo specchio a chiedersi: Ma cosa sto facendo?, dove sto andando? Ma è veramente quello che voglio dalla mia vita? E la vita che ho sempre desiderato vivere? E mentre pronuncia queste parole sente una lacrima scivolargli sul viso. Senza nemmeno rendersene conto prende una chiave dalla tasca, esce dal bagno e si dirige in camera da letto. Si chiude silenziosamente la porta alle spalle, senza farsi sentire da Elisabetta che, ignara di quel che sta per succedere, è in sala a guardare l’ennesimo programma riguardante la morte di Yara Gambirasio. Marco è come in trance ed incurante che quella porta potrebbe aprirsi all’improvviso, con la chiave che ha in mano apre il cassetto del suo comodino. Cosa fare ora? Richiuderlo o abbandonarsi per un attimo soltanto all’oblio?.... La disperazione di una vita vissuta all’insegna di quel malessere sul cuore che non lo abbandona mai lo porta a prendere dal cassetto un sacchettino piccolo. Lo prende e lo posa sul comodino. Lo apre e lo guarda interdetto. Sembra zucchero a velo anche se il sapore è diverso e soprattutto non addolcisce il palato. Esattamente come quel robot il cui cervello è pilotato da quattro batterie duracell, apre il sacchetto, prende un pugno di quella polvere bianca e molto lentamente la distribuisce sul comodino componendo quella riga orizzontale che forse rappresenta il limite tra lui e l’oblio. In quel preciso istante in cui le sue narici si avvicinano alla polvere “magica” Marco si sente vigliacco nei confronti della vita ed incazzato con se stesso, per un attimo, torna sui suoi passi e sbattendo un pugno sul muro dice a se stesso: “Ma che cazzo sto facendo? Ho una moglie che mi ama e che mi sta aspettando in sala, totalmente ignara di quel che sto facendo, perché si fida di me, perché mi ha affidato la sua vita con una promessa davanti al mare, perché ha scelto me per il resto dei suoi giorni, ed io, invece, la sto tradendo, la sto deludendo, la sto inconsapevolmente ferendo…”Eppure non riesce a fermarsi…..vorrebbe soffiare su quella polvere e far sparire tutto, compreso quel malessere che gli appesantisce il cuore e la vita, non ci riesce e preso da quel raptus improvviso che sa più di ribellione che di rabbia si avvicina al comodino, prende il respiro e come per magia la polvere non c’è più….ora è soltanto visibile alla sua anima inquieta che finalmente trova quell’attimo di pace in grado di distoglierlo dalla tempesta che è dentro di lui. Marco si accascia sul letto, la testa gira e anche le pareti girano. Marco non sa se ridere o piangere..sa soltanto che finalmente è in pace con se stesso e vorrebbe che questo attimo durasse per sempre. Ha la fronte madida di sudore e ora singhiozzi convulsi scuotono il suo petto. Ma deve fare tutto questo in silenzio perché Elisabetta potrebbe sentire e sarebbe per lui l’ennesima sconfitta. Si sente un perdente nei confronti della vita e sentirsi un perdente anche di fronte agli occhi di sua moglie… questo non potrebbe sopportarlo. Quando guarda l’orologio sono già passate due ore da quando si è chiuso in camera. “ Ecco….dice a se stesso, mi sono addormentato” Si alza dal letto, in fretta e furia cerca di cancellare le tracce dell’accaduto, richiude il cassetto a chiave, e la nasconde nel borsello, apre la porta della camera da letto e si dirige verso il bagno per capire in che stato si trova. Passa davanti alla sala ed Elisabetta è ancora davanti alla televisione che sembra non essersi minimamente accorta di quel che è successo in queste due ore. Si sta ancora parlando di Yara e dentro di sé Marco ringrazia Gianluigi Nuzzi e il suo programma Delitti e Segreti per aver distolto Elisabetta da una realtà che l’avrebbe sicuramente sconvolta. Lo specchio del bagno gli dice che l’aspetto è veramente terrificante; profonde occhiaie raccontano la tempesta che lo ha assalito e la camicia è totalmente bagnata di sudore. “E ora? Cosa le racconto? Che ho avuto le vampate tipiche di un uomo in andropausa? Siamo in novembre e niente può giustificare uno stato deplorevole come il mio”. Marco sembra più preoccupato di dover spiegare il suo fisico stropicciato piuttosto che cercare di risolvere con se stesso e con Elisabetta questo disagio che aumenta mano mano che aumentano le responsabilità di un vivere il cui peso lui non è più in grado di reggere sulle sue spalle infragilite dai troppi doveri di una vita che non gli appartiene e che vorrebbe barattare con quell’attimo di felicità in grado di spazzare vie tutte queste nuvole nere che gli impediscono di sentire dentro di sé il calore del sole, perché è di calore che Marco ha bisogno. Uscendo dal bagno lo scontro con “Lei” è inevitabile. Lui abbassa gli occhi, perfettamente consapevole del bisogno di risposte che gli occhi di lei, ora fissi su di lui, vorrebbero. Incurante di tutto ciò e in silenzio Marco torna verso la camera da letto, ma viene bloccato dal braccio di Elisabetta che con dolcezza lo attira verso di sé chiedendogli; “Va tutto bene?, sei particolarmente assente in questi giorni, possiamo parlarne se ti va.” Lui vorrebbe abbracciarla e dirle che questa vita è troppo pesante per lui, che lavora troppo, che si sente inadeguato alle responsabilità che i suoi impegni richiedono, che vorrebbe stendersi sulle ginocchia di lei per farsi accarezzare la testa senza più pensare a nulla….ma niente di tutto questo riesce a dire, e cercando di ricacciare indietro quel moto di rabbia che lentamente sale su dallo stomaco fino a pungergli gli occhi, risponde che non ha niente, e che è soltanto un po’ stanco perché la giornata è stata più lunga del previsto. In Tribunale ha dovuto affrontare delle cause molto lunghe e problematiche e i risultati non sono stati quelli che si aspettava. Il tono con cui tenta di rassicurare Elisabetta è alquanto credibile, ma lo sguardo perso nel vuoto è quello di colui che si sta arrampicando sugli specchi per evitare di dire quella verità scomoda persino a se stesso."

Lei ha maestria in questo e non fosse altro anche intelligenza da capire oltre le righe dello sguardo, lo osserva senza infliggere il benché minimo timore, profondamente dentro il suo pensiero in quegli occhi che paiono annebbiati dall'umidità di quel mese di novembre, che da tutti è decretato come il più angusto e macabro, da li si riparte pensa lei, non sa bene cosa stia succedendo ma quelli non sono gli stessi occhi di sempre.
Lo lascia con una timida carezza, la scusa è quella di un bagno rilassante dentro cui immergere la consapevolezza che qualcosa sta cambiando.
Lei è una splendida 38 enne, quelle che girano per la maggior parte del giorno in tailleur, che non si fa mancare le lusinghe da uomini e donne, quella che sa far girare i sensi e che sa strappare con la sua avvenenza dei contratti e delle commesse, anche se in realtà era talmente brava nel suo lavoro che forse non ce ne sarebbe bisogno.
A lei piace essere sensuale col marito e si innamora delle scene dei film, mentre si spoglia cammina in intimo ed autoreggenti con l'ausilio delle sole scarpe col tacco alto, a lui questo ha sempre mosso l'istinto del maschio, ora la guarda ridendo e confuso, come avesse timore che lei chieda del sesso a lui in quello stato. Lui continua a guardare la televisione, mentre la splendida moglie continua a spogliarsi in camera da letto, il riflesso del sole le imperla le gambe snelle e il pube glabro, su cui preme con decisione un desiderio umido.
Nella camera il riflesso però distoglie lo sguardo di lei, sa benissimo d'aver fatto le pulizie, per lo meno non ci dovrebbe essere traccia minima di polvere, ma quella sembrava attirare più di ogni altra cosa la sua attenzione, non realizza nulla nell'istante, forse neppure negli attimi dopo, anche se dentro di lei fa l'analisi dei tempi e dei modi, lui si era assentato in camera da solo per uscirne alquanto sconvolto e sudato, quel sudore che lei vorrebbe sentire sul suo corpo posseduto dalle mani di lui, in realtà è ben altro.
Memorizza e cataloga tutto senza lasciare insospettire Marco, si rifugia in quella vasca densa di profumi e schiuma, vorrebbe rilassarsi ma il suo pensiero corre, si ferma all'istante sulla scena di come potrebbe essere lui fra un po' di tempo anche poco, il suo lavoro le sue mire il matrimonio e la promessa fatta a suo tempo, affonda la testa per poi riemergere come un bagno di purificazione.
A lei cosa manca il corpo no, la natura anche sin troppo generosa, un lavoro neppure perché la entusiasma e la eccita nel produrre capolavori d'architettura, forse un figlio, silenziosamente trattiene il fiato come a pensare d'aver svelato l'arcano, l'elisir di saggezza.
Sa benissimo, di questo ne aveva parlato con lui, ma le carriere si sa rovinano i rapporti i tempi corrono e i giorni uno davanti all'altro corrono veloci, sorride pensando che sarebbe splendido e forse potrebbe risanare tante cose, un'amore per qualcuno a cui tieni, tornare ad avere la complicità di un rapporto forse questo manca.
Esce dopo un'ora dal bagno e sembra più tranquilla che mai, nonostante tutto è stato qualcosa che ha giovato il potersi rilassare, sempre sensuale le cammina al fianco e lui non può far finta di nulla, con una mano le carezza il seno e si ferma sui capezzoli inturgiditi, poi scivola via per vedere le reazioni di lui, visibilmente scosso non si sa se per l'effetto devastante di prima o lo tsunami che lo attraversa ora.
“Andiamo a cena fuori stasera, ho un ristorante di pesce niente male, è di un mio cliente e a lui farebbe piacere” Lui la guarda e con voce ferma ma debole dice va benissimo.
Lei si prepara e consiglia al marito di fare altrettanto, poi si ricorda che deve passare in un negozio di profumi e chiede a lui se intanto che si veste per la cena lo aspetta per un quarto d'ora, sarebbe arrivata presto per poi andare a cenare, Marco le fa un gesto d'intesa, lei esce.
Ancor prima di fare le scale è già al telefono con questa persona del ristorante, non è in effetti un suo cliente, ma un vecchio amico con cui si erano rivisti in altra occasione, era uscito anni fa da un problema col figlio, lei spiega dettagliatamente ma concisa qualcosa e poi decide e chiede per l'orario e se aveva posto, perfetto il tempismo e la risoluzione trovata, lei era una splendida fucina di idee, merito della mente elastica data dal suo lavoro.
Rincasa dopo una mezz'ora e trova lui pronto che si allaccia le scarpe, le si piazza davanti con fare provocante come suo solito, gli occhi di lui all'altezza dell'inguine di lei, ne percepisce sin dentro i profumi e le sensazioni, pronto a voler metter mano al piacere, lei lo ferma, “Ora no, stasera voglio essere il tuo piacere personale, voglio sentirti nel letto.”
Escono di casa il tragitto in macchina dura venti minuti scarsi, l'intermezzo è quello della musica new-age, parlando del più e del meno arrivano al ristorante, carino perso in una stradina, già s'intravedono numerose macchine e l'atmosfera accogliente di una nave in legno.
Marco è preso euforicamente dall'idea di entrare in locali mai visti, sa benissimo che quando decide lei non è mai un posto da poche stelle sulle recensioni.
Il titolare, amico di Elisabetta è un tipo sui 45 anni brizzolato, piacente e scaltro nel suo lavoro, li fa accomodare e chiama qualcuno per i cappotti, si presentano con Marco e lui lo guarda con precisione negli occhi, poi sorridente spiega il menù, decidono per lasciare scegliere al proprietario, anche il vino, purché ovviamente rigorosamente bianco, Valdobbiadene Cartizze è caduta la scelta su quello e da li a poco era pronto a versarlo nel bicchiere, “Ottimo dice Marco e la moglie sorride compiaciuta della scelta del gestore.”
Le portate non sono abbondanti ma necessariamente quelle che ti fanno dire mi sento bene, la cheesecake arancia e cannella quella è divina, la conclusione in salita per i piatti, una cena troppo importante da ricordare e lo sarà...
Lei si lascia molto andare con la sua dose di sensualità e sa che deve osare per chiedere ciò per cui erano li.
“Marco sai il nostro matrimonio ritengo sia una favola, ricordi la promessa che ci siamo fatti vero? Felicità, noi stiamo molto bene e ci stimano in tanti, non siamo degli sprovveduti o persone che si lasciano andare a momenti di debolezza, abbiamo sempre affrontato tutto, alla luce del sole con ottimo risultati e profonda stima.
La carriera è andata avanti, ora abbiamo bisogno di coronarla col sogno maestoso di un figlio e sono qui a chiederti di volerne uno, che sia l'apice del nostro amore!”
Marco non ha all'istante reazione, troppe cose passano per la sua testa compreso il gesto del pomeriggio, “una debolezza” lei aveva centrato il problema. Ora sembra quasi sollevato al pensiero di poter donare qualcosa in più, forse nemmeno lui sa cosa stava succedendo nella sua vita, ma questa richiesta ne è stata la molla per dimenticare qualcosa.

Sarà il vino, l’ottima compagnia di sua moglie, o quella notizia che improvvisamente lo scuote da quel torpore che dura ormai da mesi, ma Marco si sente felice. Non ricorda dove si trova, non ricorda neanche dove ha messo le chiavi della macchina, più importante ancora dove l’ha parcheggiata soprattutto, ma la voglia di tornare a casa e di provare a realizzare il sogno di una famiglia lo eccita a tal punto da lasciare una mancia alquanto sostanziosa al cameriere al quale con molta fretta Marco ha chiesto il conto. Elisabetta per la prima volta nota negli occhi di suo marito quella luce che l’aveva colpita sin dal primo appuntamento con lui. Poi quella luce si era spenta e lei non era mai riuscita a capire perché, o forse, più semplicemente si era talmente concentrata nel suo obiettivo di carriera da dimenticarsi dell’uomo che aveva accanto. Era tanto tempo che non lo guardava più negli occhi anzi…era tanto tempo che non lo guardava e basta. Ma come ho fatto ad essere così egoista? Come ho fatto a non accorgermi dei demoni che si erano impadroniti di Marco? Come ho potuto permettere che accadesse tutto questo senza che io me ne accorgessi? Elisabetta piange in silenzio e una lacrima dispettosa scivola sul suo viso. L’asciuga in fretta perché Marco non deve vedere questo suo attimo di “debolezza”. Marco ha bisogno di lei e lei deve essere forte e determinata a tal punto da far si che la loro favola torni ad essere quel sogno da tanti invidiato…perché è un sogno che non si è dissolto alle prime luci dell’alba, sono riusciti a realizzarlo nonostante fossero in pochi a credere in loro. Troppa invidia nei confronti di una coppia che ha avuto clemenza dalla vita. E l’invidia, si sa, distrugge tutto soprattutto le favole dal lieto fine. Elisabetta si volta verso Marco che incurante dei suoi pensieri sta guidando verso casa, un po’ brillo e pensieroso… Fortunatamente il vino prende il sopravvento e i pensieri più tristi ricadono sull’asfalto come questa pioggerellina fitta che sta bagnando i vetri come per voler lavar via le ansie di questi ultimi giorni. Marco si accorge dello sguardo di Elisabetta su di lui, si volta verso di lei e le sorride dolcemente come per volerla rassicurare. La loro casa si intravede all’orizzonte e improvvisamente Elisabetta si accoccola tra le braccia di lui…improvvisamente remissiva, indifesa, quasi impaurita da questa vita che le sta mostrando quel lato che forse lei già conosceva ma che non voleva vedere. Marco è quasi sconcertato dal comportamento di sua moglie. L’ha sempre vista sicura di sé, fin troppo dura nei confronti di se stessa e della vita, ora sembra chiederle protezione attenzione. Sembra un cucciolo spaurito alle prese con i primi dolori della vita. Ma forse sua moglie è sempre stata così, forse l’ha semplicemente nascosto a se stessa per difesa, aggrediva la vita per non essere aggredita…Marco le accarezza il viso e l’avvicina a se con fare protettivo come per dirle: “stai tranquilla, è tutto a posto, io sono sempre accanto a te”. Lei sembra capire tutto questo e comincia a cercare la sua pelle con fare accattivante.. Lo annusa, lo bacia sul collo, sulle guance cercando quel contatto che ultimamente aveva perso. Marco fatica a parcheggiare perché questa complicità ritrovata lo rende confuso ma eccitato allo stesso tempo. Non sa come ha parcheggiato e non sa neanche se è in divieto di sosta o meno ma sua moglie è talmente bella che vorrebbe spogliarla lì, sulle scale di quel portone che non riesce ad aprire perché Elisabetta gli ha preso le mani e le ha poggiate sui suoi seni turgidi e pronti ad accogliere l’amore di Marco. L’ascensore tarda ad arrivare…”porca miseria…non ce la faccio più” dice Marco a se stesso. Sente il calore arrivargli dallo stomaco fino al cervello e vorrebbe lasciarsi andare, ma ancora non può, deve avere pazienza. Ecco finalmente la porta di casa si apre e con fare violento ma dolce allo stesso tempo Marco adagia Elisabetta sul pavimento. Le strappa i vestiti, l’accarezza, la bacia e la guarda in silenzio… Quanto è bella, pensa lui, Elisabetta sente nel silenzio le parole di Marco e gli sorride con fare birichino. “Prendimi, sono tua, sono sempre stata tua…e voglio esserlo per sempre”. Marco è dentro di lei e il suo amore esplode in tutta la sua potenza. “ Come abbiamo fatto a dimenticare di amarci?”…

La scelta di avere un figlio non è mai una scusa o una necessità, tanto meno deve essere la risoluzione al problema, sarebbe un grave errore, entrambi capivano perfettamente questo. La molla probabilmente di ciò che volevano aveva fatto capire loro che mancavano sguardi affetti ed emozioni, sarebbero riusciti sicuramente in questo da li in avanti, a maggior ragione l'avrebbero dato a chi entrava nella loro nuova vita.


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