Scrittura 4 mani –
Storia di un drogato
di Cristina Carrabino e
Sereno notturno
Cuori impolverati
"Lui è Marco, 34
anni e un lavoro da avvocato in uno studio da lui avviato subito dopo
aver conseguito la laurea in giurisprudenza. Non gli manca nulla; ha
alle spalle una famiglia benestante che lo ha aiutato a realizzarsi
nel lavoro e nessun problema economico che possa minare la sua
serenità. Ha una bella casa dotata di tutti in comfort e una moglie
bellissima, Elisabetta, rinomato architetto in carriera, 38 anni, che
ha sposato per amore quattro anni fa su una spiaggia dorata, e
l’unico testimone che ha assistito al coronamento del loro sogno
d’amore è stato il mare. Eppure i suoi occhi sono spenti e
sembrano trasmettere un’infelicità di fondo che nemmeno l’amore
per sua moglie riesce a curare. Apparentemente sono una coppia
affiatata; socievoli, amano la
compagnia, amano ridere quando sono con
amici, prediligono mostrarsi complici di fronte agli altri, ma
quando i riflettori si spengono, tra di loro è il silenzio a
predominare. Non riescono a
parlare, neppure a guardarsi negli occhi per cercare aiuto l’uno
dall’altro. L’amore si è come assopito, forse messo alla prova
da un quotidiano frenetico che giorno dopo giorno li allontana sempre
di più dall’impegno che si sono presi l’uno verso l’altro quel
giorno in cui, davanti al mare, si sono promessi di amarsi fin
che morte non li avesse separati. La loro vita è scandita da
impegni, orari, appuntamenti, responsabilità e l’unico momento in
cui riescono a condividere un minimo di dialogo è alla sera, davanti
alla tavola apparecchiata, tra una notizia del telegiornale e una
pubblicità del winner taco. Ma tutto questo non basta a Marco per
poter dire di essere felice. Ha tutto ma non ha nulla, forse ha
troppo. Ecco perché Marco ogni tanto, la sera, sente il bisogno di
evadere da una realtà che comincia ad odiare perché è una realtà
che gli ha regalato tutto tranne ciò di cui aveva bisogno. E lui ha
soltanto bisogno di sentirsi più padrone della sua vita, senza
troppo subordinarla a quei doveri che ogni tanto lo portano davanti
allo specchio a chiedersi: Ma cosa sto facendo?, dove sto andando? Ma
è veramente quello che voglio dalla mia vita? E la vita che ho
sempre desiderato vivere? E mentre pronuncia queste parole sente una
lacrima scivolargli sul viso. Senza nemmeno rendersene conto prende
una chiave dalla tasca, esce dal bagno e si dirige in camera da
letto. Si chiude silenziosamente la porta alle spalle, senza farsi
sentire da Elisabetta che, ignara di quel che sta per succedere, è
in sala a guardare l’ennesimo programma riguardante la morte di
Yara Gambirasio. Marco è
come in trance ed incurante che quella porta potrebbe aprirsi
all’improvviso, con la chiave che ha in mano apre il cassetto del
suo comodino. Cosa fare ora? Richiuderlo o abbandonarsi per un attimo
soltanto all’oblio?.... La disperazione di una vita vissuta
all’insegna di quel malessere sul cuore che non lo abbandona mai lo
porta a prendere dal cassetto un sacchettino piccolo. Lo prende e lo
posa sul comodino. Lo apre e lo guarda interdetto. Sembra zucchero a
velo anche se il sapore è diverso e soprattutto non addolcisce il
palato. Esattamente come quel robot il cui cervello è pilotato da
quattro batterie duracell, apre il sacchetto, prende un pugno di
quella polvere bianca e molto lentamente la distribuisce sul comodino
componendo quella riga orizzontale che forse rappresenta il
limite tra lui e l’oblio.
In quel preciso istante in cui le sue narici si avvicinano alla
polvere “magica” Marco si sente vigliacco nei confronti della
vita ed incazzato con se stesso, per un attimo, torna sui suoi passi
e sbattendo un pugno sul muro dice a se stesso: “Ma che cazzo sto
facendo? Ho una moglie che mi ama e che mi sta aspettando in sala,
totalmente ignara di quel che sto facendo, perché si fida di me,
perché mi ha affidato la sua vita con una promessa davanti al mare,
perché ha scelto me per il resto dei suoi giorni, ed io, invece, la
sto tradendo, la sto deludendo, la sto inconsapevolmente
ferendo…”Eppure non riesce a fermarsi…..vorrebbe soffiare su
quella polvere e far sparire tutto, compreso quel malessere che gli
appesantisce il cuore e la vita, non ci riesce e preso da quel
raptus improvviso che sa più di ribellione che di rabbia si avvicina
al comodino, prende il respiro e come per magia la polvere non c’è
più….ora è soltanto visibile alla sua anima inquieta che
finalmente trova quell’attimo di pace in grado di distoglierlo
dalla tempesta che è dentro di lui. Marco si accascia sul letto, la
testa gira e anche le pareti girano. Marco non sa se ridere o
piangere..sa soltanto che finalmente è in pace con se stesso e
vorrebbe che questo attimo durasse per sempre. Ha la fronte madida di
sudore e ora singhiozzi convulsi scuotono il suo petto. Ma deve fare
tutto questo in silenzio perché Elisabetta potrebbe sentire e
sarebbe per lui l’ennesima sconfitta. Si sente un perdente nei
confronti della vita e sentirsi un perdente anche di fronte agli
occhi di sua moglie… questo non potrebbe sopportarlo. Quando guarda
l’orologio sono già passate due ore da quando si è chiuso in
camera. “ Ecco….dice a se stesso, mi sono addormentato” Si
alza dal letto, in fretta e
furia cerca di cancellare le tracce dell’accaduto, richiude il
cassetto a chiave, e la
nasconde nel borsello, apre la porta della camera da letto e si
dirige verso il bagno per capire in che stato si trova. Passa davanti
alla sala ed Elisabetta è ancora davanti alla televisione che sembra
non essersi minimamente accorta di quel che è successo in queste due
ore. Si sta ancora parlando di Yara e dentro di sé Marco ringrazia
Gianluigi Nuzzi e il suo programma Delitti e Segreti per aver
distolto Elisabetta da una realtà che l’avrebbe sicuramente
sconvolta. Lo specchio del bagno gli dice che l’aspetto è
veramente terrificante; profonde occhiaie raccontano la tempesta che
lo ha assalito e la camicia è totalmente bagnata di sudore. “E
ora? Cosa le racconto? Che ho avuto le vampate tipiche di un uomo in
andropausa? Siamo in novembre e niente può giustificare uno stato
deplorevole come il mio”. Marco sembra più preoccupato di dover
spiegare il suo fisico stropicciato piuttosto che cercare di
risolvere con se stesso e con Elisabetta questo disagio che aumenta
mano mano che aumentano le responsabilità di un vivere il cui peso
lui non è più in grado di reggere sulle sue spalle infragilite dai
troppi doveri di una vita che non gli appartiene e che vorrebbe
barattare con quell’attimo di felicità in grado di spazzare vie
tutte queste nuvole nere che gli impediscono di sentire dentro di sé
il calore del sole, perché è di calore che Marco ha bisogno.
Uscendo dal bagno lo scontro con “Lei” è inevitabile. Lui
abbassa gli occhi, perfettamente consapevole del bisogno di risposte
che gli occhi di lei, ora fissi su di lui, vorrebbero. Incurante di
tutto ciò e in silenzio Marco torna verso la camera da letto, ma
viene bloccato dal braccio di Elisabetta che con dolcezza lo attira
verso di sé chiedendogli; “Va tutto bene?, sei particolarmente
assente in questi giorni, possiamo parlarne se ti va.” Lui vorrebbe
abbracciarla e dirle che questa vita è troppo pesante per lui, che
lavora troppo, che si sente inadeguato alle responsabilità che i
suoi impegni richiedono, che vorrebbe stendersi sulle ginocchia di
lei per farsi accarezzare la testa senza più pensare a nulla….ma
niente di tutto questo riesce a dire, e cercando di ricacciare
indietro quel moto di rabbia che lentamente sale su dallo stomaco
fino a pungergli gli occhi, risponde che non ha niente, e che è
soltanto un po’ stanco perché la giornata è stata più lunga del
previsto. In Tribunale ha dovuto affrontare delle cause molto lunghe
e problematiche e i risultati non sono stati quelli che si aspettava.
Il tono con cui tenta di rassicurare Elisabetta è alquanto
credibile, ma lo sguardo perso nel vuoto è quello di colui che si
sta arrampicando sugli specchi per evitare di dire quella verità
scomoda persino a se stesso."
Lei ha maestria in questo
e non fosse altro anche intelligenza da capire oltre le righe dello
sguardo, lo osserva senza infliggere il benché minimo timore,
profondamente dentro il suo pensiero in quegli occhi che paiono
annebbiati dall'umidità di quel mese di novembre, che da tutti è
decretato come il più angusto e macabro, da li si riparte pensa lei,
non sa bene cosa stia succedendo ma quelli non sono gli stessi occhi
di sempre.
Lo lascia con una timida
carezza, la scusa è quella di un bagno rilassante dentro cui
immergere la consapevolezza che qualcosa sta cambiando.
Lei è una splendida 38
enne, quelle che girano per la maggior parte del giorno in tailleur,
che non si fa mancare le lusinghe da uomini e donne, quella che sa
far girare i sensi e che sa strappare con la sua avvenenza dei
contratti e delle commesse, anche se in realtà era talmente brava
nel suo lavoro che forse non ce ne sarebbe bisogno.
A lei piace essere
sensuale col marito e si innamora delle scene dei film, mentre si
spoglia cammina in intimo ed autoreggenti con l'ausilio delle sole
scarpe col tacco alto, a lui questo ha sempre mosso l'istinto del
maschio, ora la guarda ridendo e confuso, come avesse timore che lei
chieda del sesso a lui in quello stato. Lui continua a guardare la
televisione, mentre la splendida moglie continua a spogliarsi in
camera da letto, il riflesso del sole le imperla le gambe snelle e il
pube glabro, su cui preme con decisione un desiderio umido.
Nella camera il riflesso
però distoglie lo sguardo di lei, sa benissimo d'aver fatto le
pulizie, per lo meno non ci dovrebbe essere traccia minima di
polvere, ma quella sembrava attirare più di ogni altra cosa la sua
attenzione, non realizza nulla nell'istante, forse neppure negli
attimi dopo, anche se dentro di lei fa l'analisi dei tempi e dei
modi, lui si era assentato in camera da solo per uscirne alquanto
sconvolto e sudato, quel sudore che lei vorrebbe sentire sul suo
corpo posseduto dalle mani di lui, in realtà è ben altro.
Memorizza e cataloga
tutto senza lasciare insospettire Marco, si rifugia in quella vasca
densa di profumi e schiuma, vorrebbe rilassarsi ma il suo pensiero
corre, si ferma all'istante sulla scena di come potrebbe essere lui
fra un po' di tempo anche poco, il suo lavoro le sue mire il
matrimonio e la promessa fatta a suo tempo, affonda la testa per poi
riemergere come un bagno di purificazione.
A lei cosa manca il corpo
no, la natura anche sin troppo generosa, un lavoro neppure perché la
entusiasma e la eccita nel produrre capolavori d'architettura, forse
un figlio, silenziosamente trattiene il fiato come a pensare d'aver
svelato l'arcano, l'elisir di saggezza.
Sa benissimo, di questo
ne aveva parlato con lui, ma le carriere si sa rovinano i rapporti i
tempi corrono e i giorni uno davanti all'altro corrono veloci,
sorride pensando che sarebbe splendido e forse potrebbe risanare
tante cose, un'amore per qualcuno a cui tieni, tornare ad avere la
complicità di un rapporto forse questo manca.
Esce dopo un'ora dal
bagno e sembra più tranquilla che mai, nonostante tutto è stato
qualcosa che ha giovato il potersi rilassare, sempre sensuale le
cammina al fianco e lui non può far finta di nulla, con una mano le
carezza il seno e si ferma sui capezzoli inturgiditi, poi scivola via
per vedere le reazioni di lui, visibilmente scosso non si sa se per
l'effetto devastante di prima o lo tsunami che lo attraversa ora.
“Andiamo a cena fuori
stasera, ho un ristorante di pesce niente male, è di un mio cliente
e a lui farebbe piacere” Lui la guarda e con voce ferma ma debole
dice va benissimo.
Lei si prepara e
consiglia al marito di fare altrettanto, poi si ricorda che deve
passare in un negozio di profumi e chiede a lui se intanto che si
veste per la cena lo aspetta per un quarto d'ora, sarebbe arrivata
presto per poi andare a cenare, Marco le fa un gesto d'intesa, lei
esce.
Ancor prima di fare le
scale è già al telefono con questa persona del ristorante, non è
in effetti un suo cliente, ma un vecchio amico con cui si erano
rivisti in altra occasione, era uscito anni fa da un problema col
figlio, lei spiega dettagliatamente ma concisa qualcosa e poi decide
e chiede per l'orario e se aveva posto, perfetto il tempismo e la
risoluzione trovata, lei era una splendida fucina di idee, merito
della mente elastica data dal suo lavoro.
Rincasa dopo una mezz'ora
e trova lui pronto che si allaccia le scarpe, le si piazza davanti
con fare provocante come suo solito, gli occhi di lui all'altezza
dell'inguine di lei, ne percepisce sin dentro i profumi e le
sensazioni, pronto a voler metter mano al piacere, lei lo ferma, “Ora
no, stasera voglio essere il tuo piacere personale, voglio sentirti
nel letto.”
Escono di casa il
tragitto in macchina dura venti minuti scarsi, l'intermezzo è quello
della musica new-age, parlando del più e del meno arrivano al
ristorante, carino perso in una stradina, già s'intravedono numerose
macchine e l'atmosfera accogliente di una nave in legno.
Marco è preso
euforicamente dall'idea di entrare in locali mai visti, sa benissimo
che quando decide lei non è mai un posto da poche stelle sulle
recensioni.
Il titolare, amico di
Elisabetta è un tipo sui 45 anni brizzolato, piacente e scaltro nel
suo lavoro, li fa accomodare e chiama qualcuno per i cappotti, si
presentano con Marco e lui lo guarda con precisione negli occhi, poi
sorridente spiega il menù, decidono per lasciare scegliere al
proprietario, anche il vino, purché ovviamente rigorosamente bianco,
Valdobbiadene Cartizze è caduta la scelta su quello e da li a poco
era pronto a versarlo nel bicchiere, “Ottimo dice Marco e la moglie
sorride compiaciuta della scelta del gestore.”
Le portate non sono
abbondanti ma necessariamente quelle che ti fanno dire mi sento bene,
la cheesecake arancia e cannella quella è divina, la conclusione in
salita per i piatti, una cena troppo importante da ricordare e lo
sarà...
Lei si lascia molto
andare con la sua dose di sensualità e sa che deve osare per
chiedere ciò per cui erano li.
“Marco sai il nostro
matrimonio ritengo sia una favola, ricordi la promessa che ci siamo
fatti vero? Felicità, noi stiamo molto bene e ci stimano in tanti,
non siamo degli sprovveduti o persone che si lasciano andare a
momenti di debolezza, abbiamo sempre affrontato tutto, alla luce del
sole con ottimo risultati e profonda stima.
La carriera è andata
avanti, ora abbiamo bisogno di coronarla col sogno maestoso di un
figlio e sono qui a chiederti di volerne uno, che sia l'apice del
nostro amore!”
Marco non ha all'istante
reazione, troppe cose passano per la sua testa compreso il gesto del
pomeriggio, “una debolezza” lei aveva centrato il problema. Ora
sembra quasi sollevato al pensiero di poter donare qualcosa in più,
forse nemmeno lui sa cosa stava succedendo nella sua vita, ma questa
richiesta ne è stata la molla per dimenticare qualcosa.
Sarà il vino, l’ottima
compagnia di sua moglie, o quella notizia che improvvisamente lo
scuote da quel torpore che dura ormai da mesi, ma Marco si sente
felice. Non ricorda dove si trova, non ricorda neanche dove ha messo
le chiavi della macchina, più importante ancora dove l’ha
parcheggiata soprattutto, ma la voglia di tornare a casa e di provare
a realizzare il sogno di una famiglia lo eccita a tal punto da
lasciare una mancia alquanto sostanziosa al cameriere al quale con
molta fretta Marco ha chiesto il conto. Elisabetta per la prima volta
nota negli occhi di suo marito quella luce che l’aveva colpita sin
dal primo appuntamento con lui. Poi quella luce si era spenta e lei
non era mai riuscita a capire perché, o forse, più semplicemente si
era talmente concentrata nel suo obiettivo di carriera da
dimenticarsi dell’uomo che aveva accanto. Era tanto tempo che non
lo guardava più negli occhi anzi…era tanto tempo che non lo
guardava e basta. Ma come ho fatto ad essere così egoista? Come ho
fatto a non accorgermi dei demoni che si erano impadroniti di Marco?
Come ho potuto permettere che accadesse tutto questo senza che io me
ne accorgessi? Elisabetta piange in silenzio e una lacrima dispettosa
scivola sul suo viso. L’asciuga in fretta perché Marco non deve
vedere questo suo attimo di “debolezza”. Marco ha bisogno di lei
e lei deve essere forte e determinata a tal punto da far si che la
loro favola torni ad essere quel sogno da tanti invidiato…perché è
un sogno che non si è dissolto alle prime luci dell’alba, sono
riusciti a realizzarlo nonostante fossero in pochi a credere in loro.
Troppa invidia nei confronti di una coppia che ha avuto clemenza
dalla vita. E l’invidia, si sa, distrugge tutto soprattutto le
favole dal lieto fine. Elisabetta si volta verso Marco che incurante
dei suoi pensieri sta guidando verso casa, un po’ brillo e
pensieroso… Fortunatamente il vino prende il sopravvento e i
pensieri più tristi ricadono sull’asfalto come questa
pioggerellina fitta che sta bagnando i vetri come per voler lavar via
le ansie di questi ultimi giorni. Marco si accorge dello sguardo di
Elisabetta su di lui, si volta verso di lei e le sorride dolcemente
come per volerla rassicurare. La loro casa si intravede all’orizzonte
e improvvisamente Elisabetta si accoccola tra le braccia di
lui…improvvisamente remissiva, indifesa, quasi impaurita da questa
vita che le sta mostrando quel lato che forse lei già conosceva ma
che non voleva vedere. Marco è quasi sconcertato dal comportamento
di sua moglie. L’ha sempre vista sicura di sé, fin troppo dura nei
confronti di se stessa e della vita, ora sembra chiederle protezione
attenzione. Sembra un cucciolo spaurito alle prese con i primi dolori
della vita. Ma forse sua moglie è sempre stata così, forse l’ha
semplicemente nascosto a se stessa per difesa, aggrediva la vita per
non essere aggredita…Marco le accarezza il viso e l’avvicina a se
con fare protettivo come per dirle: “stai tranquilla, è tutto a
posto, io sono sempre accanto a te”. Lei sembra capire tutto questo
e comincia a cercare la sua pelle con fare accattivante.. Lo annusa,
lo bacia sul collo, sulle guance cercando quel contatto che
ultimamente aveva perso. Marco fatica a parcheggiare perché questa
complicità ritrovata lo rende confuso ma eccitato allo stesso tempo.
Non sa come ha parcheggiato e non sa neanche se è in divieto di
sosta o meno ma sua moglie è talmente bella che vorrebbe spogliarla
lì, sulle scale di quel portone che non riesce ad aprire perché
Elisabetta gli ha preso le mani e le ha poggiate sui suoi seni
turgidi e pronti ad accogliere l’amore di Marco. L’ascensore
tarda ad arrivare…”porca miseria…non ce la faccio più” dice
Marco a se stesso. Sente il calore arrivargli dallo stomaco fino al
cervello e vorrebbe lasciarsi andare, ma ancora non può, deve avere
pazienza. Ecco finalmente la porta di casa si apre e con fare
violento ma dolce allo stesso tempo Marco adagia Elisabetta sul
pavimento. Le strappa i vestiti, l’accarezza, la bacia e la guarda
in silenzio… Quanto è bella, pensa lui, Elisabetta sente nel
silenzio le parole di Marco e gli sorride con fare birichino.
“Prendimi, sono tua, sono sempre stata tua…e voglio esserlo per
sempre”. Marco è dentro di lei e il suo amore esplode in tutta la
sua potenza. “ Come abbiamo fatto a dimenticare di amarci?”…
La scelta di avere un
figlio non è mai una scusa o una necessità, tanto meno deve essere
la risoluzione al problema, sarebbe un grave errore, entrambi
capivano perfettamente questo. La molla probabilmente di ciò che
volevano aveva fatto capire loro che mancavano sguardi affetti ed
emozioni, sarebbero riusciti sicuramente in questo da li in avanti, a
maggior ragione l'avrebbero dato a chi entrava nella loro nuova vita.
Nessun commento:
Posta un commento